Tutti qui in Sicilia abbiamo sentito parlare di “calata di stommacu”. E’ un’arte antica tramandata da donne siciliane, vecchie zie, nonne o vicine di casa che, forti del loro sapere, si adoperavano per risolvere difficili situazioni di malessere che, secondo la credenza popolare, il medico non sarebbe riuscito a risolvere.
Diciamolo apertamente:c’è in noi la tendenza sentirci un po' medici. Non c’è persona infatti che,ancora oggi, visitando un amico o un parente affetto da qualche malattia, non abbia da dire la sua, arrivando addirittura a criticare quella particolare medicina o il rimedio che il medico ha suggerito di adottare.
In passato questa tendenza era considerata una cosa normale e affidabile era il parere della persona saggia capace di fornire rimedi naturali recitando le giuste orazioni.
Nella cultura popolare siciliana era molto diffuso il rimedio della “calata di stommacu”. Tale rimedio nasceva dall’idea che, all’origine di molte malattie, vi fosse uno scantu . Scantu significa spavento, paura improvvisa, ma con questo termine erano indicate anche la susseguente malattia e la terapia relativa. Lo scantu o spavento poteva essere provocato da qualsiasi cosa: dall’avere assistito ad un evento spiacevole, da un rumore improvviso, da un incidente, dall’assalto di un animale o dalla caduta dalle scale o da un albero; ogni accadimento poteva essere fonte di scantu.
Lo scantu colpiva con maggiore facilità le persone più deboli come i bambini, le donne e i vecchi, ma tutti in realtà erano, e sono ancora, soggetti a scantarsi. I sintomi relativi alla malattia da scantu erano: mal di pancia, febbre, nausea,vomito, lamenti strani, strabuzzamento di occhi e, nei casi più gravi, anche difficoltà a respirare. Nei bambini anche un pianto insistente poteva essere utile per diagnosticare uno “scantu”.
Non c’era bisogno di un medico per una diagnosi di scantu perché erano gli stessi familiari, le vicine di casa, le persone anziane che si accorgevano che era in atto una malattia di questo genere.
Effetto scatenante dello scantu era la fuoriuscita, dall’involucro proprio situato nello stomaco, dei vermi intestinali, una specie di parassiti che, secondo le credenze popolari, soggiornano nel nostro corpo. Questi vermi, uscendo dal proprio sito naturale, attaccavano le pareti dello stomaco per muoversi poi all’interno dello stesso. Salendo nell’interno dell’organismo, potevano giungere fino alla gola del malcapitato causandone perfino la morte per soffocamento.
Nello rappresentazione popolare i vermi, usciti fuori in seguito ad uno scantu, si accumulavano come una palla muovendosi verso l’alto; scopo della terapia era quella di fare scendere questa palla verso il basso mediante la calata di stommacu .
Ci si rivolgeva quindi ad una donna che sapesse calare li vermi o lo stomaco, ripristinando la situazione naturale propria dell’organismo. Ricordiamo che erano quasi sempre le donne a occuparsi di questo tipo di interventi e ad investire del loro sapere altre donne.
La terapia contro i vermi consisteva di due parti: una meccanica o gestuale e una oratoria, dove veniva recitata l’orazione.
La donna esperta nell’arte di calare lo stomaco iniziava le sue operazioni facendo il segno della croce insieme a tutti i presenti.
La gestualità era considerata molto importante in questo tipo di pratica poiché l’esito dell’intervento dipendeva da come venivano meccanicamente effettuati tutti i gesti.
Si procedeva con un accertamento della diagnosi della malattia. La donna toccava lo stomaco del paziente appoggiando una tazzina da caffè, “la cicaredda”, unta ai bordi con olio e aglio. Se la tazzina non si staccava dalla pelle del malato voleva dire che c’era stata una fuoriuscita di vermi.
Veniva quindi massaggiato lo stomaco del paziente; i massaggi dovevano essere fatti procedendo con un movimento verso il basso in modo da riportare i vermi verso il proprio sito naturale.
Mentre effettuava il massaggio con la mano intrisa d’olio, reso santo dal segno di croce,la donna recitava la seguente orazione:
Lunniri è santu
martiri è santu
mercuri è santu
ioviri è santu
venniri è santu
sabatu è santu,
la duminica di Pasqua
stu vermi ‘nterra casca.
In questa orazione la pratica per calare lo stomaco veniva comparata alla settimana santa ed il decorso della malattia corrispondeva alla passione e morte di Cristo. La domenica di Pasqua era paragonata al momento della guarigione.
Il rito si doveva eseguire il mattino presto o al tramonto per tre volte nello stesso giorno, o in caso di una situazione grave per tre volte di seguito, solitamente la mattina.
Oltre all’olio anche ad altre sostanze venivano attribuite proprietà terapeutiche, come ad es. l’aglio e il petrolio che, con il loro odore piuttosto acre, avevano la capacità di fare scappare i vermi mandandoli “verso il basso”.
La guarigione del malato era quindi merito dell’intervento divino o della grazia di un Santo protettore che, tramite la mano della donna , effettuava il miracolo.
La calata di stomaco, magari priva del significato originario, ha continuato ad esistere nella pratica popolare mentre lu bicchieri di scantu, fino a pochi decenni addietro, veniva richiesto al farmacista come medicina miracolosa per risolvere situazioni di paure e di shocK.
MARIA GRAZIA VITALE