lunedì 7 gennaio 2019

Un Mazarese negli Emirati Arabi


                                  Un  Mazarese negli Emirati Arabi


Tante volte mi sono chiesta: dove e come vivono, che lavoro svolgono quei giovani super laureati, intelligenti, capaci di forte impegno e motivati  che tornano nella loro città in occasione delle feste di Natale per poi sparire nell’indifferenza generale?
Ho voluto incontrare uno di loro e mi sono resa conto che veramente Mazara potrebbe avere una svolta positiva e moderna  se si desse la possibilità  ai giovani dalla mentalità aperta, più della nostra certamente, di prendere in mano le sorti del nostro Paese.
Antonino Caronia, 45 anni, è un ingegnere nucleare che ha al suo attivo diverse esperienze di lavoro in Paesi europei ed extra europei. Dopo la laurea e il dottorato a Palermo, ha lavorato per sei anni nel campo della ricerca e per altri dieci si è dedicato alla progettazione di impianti energetici. E’stato anche dipendente dell’ENEL nel settore ingegneria e costruzioni. Oggi ha l’incarico di direttore e coordinatore della progettazione dell’impianto “Barakah” negli Emirati Arabi. Tale impianto, di nuova generazione, comprende quattro impianti nucleari e un impianto fotovoltaico.
-Antonino, perché sei andato a lavorare proprio negli Emirati Arabi?
-Non sono stato io a fare questo tipo di scelta. Semplicemente, mi si è presentata un’ occasione che ho scelto con piena consapevolezza. Nel corso degli anni successivi alla laurea, ho sempre svolto dei lavori riguardanti la progettazione di grossi impianti. L’esperienza acquisita e le conoscenze anche in campo internazionale mi hanno permesso d’incontrare le grandi firme europee che si occupano di progettazione di grandi strutture.
- Non potevi rimanere in Italia o svolgere lo stesso lavoro qui nella nostra Sicilia abbandonata a se stessa?
-Il problema è che qui da noi non si trova il tipo di lavoro che ho scelto di fare. Infatti non ci sono programmazioni a lungo periodo.
- Vuoi dire che noi non investiamo per il futuro?


 - E’proprio così. In tutti i Paesi in cui ho vissuto e lavorato (Slovacchia,Polonia, Francia, Emirati Arabi…)ho sempre notato che le grandi strutture e i grandi cantieri vengono aperti perché il Paese pensa a come soddisferà i suoi bisogni nell’arco di almeno dieci anni o, per lo meno, in un periodo abbastanza lungo.
- Come ti trovi ora in questa realtà così lontana dalla nostra?
- Sto cercando di adattarmi al posto in cui mi trovo. Vivo ad Abu Dhabi, una città molto moderna e cosmopolita. Vi convivono e lavorano ben novanta diverse nazionalità. Faccio parte delle trentacinque mila persone che abitano in un quartiere della città creato appositamente per coloro che partecipano al progetto. Ben quindicimila persone lavorano  per rispondere alle necessità di questa appendice cittadina.
- Non conosco bene la storia di questi Emirati, puoi riassumerla in modo che si capisca?
-Certamente. Per comprendere bene lo stato di ricchezza degli Emirati e la gestione di essa, dobbiamo fare un passo indietro di circa cinquanta anni. Allora l’area era un protettorato inglese (lo è stato per circa 200  anni) fino a quando, negli anni ’70, il governo inglese non concesse l’indipendenza sotto la guida degli emiri. Sette di loro chiesero al governo inglese di riconoscere lo stato unitario e crearono una Confederazione di monarchie ereditarie, in ognuna delle quali l’emiro diveniva sovrano assoluto del suo Stato. La Confederazione chiese al governo inglese di essere assistita nella costruzione di un sistema sociale e giuridico utilizzando le risorse del petrolio. In 50 anni, gli immensi introiti del petrolio permisero investimenti massicci permettendo di creare dal nulla due metropoli ultramoderne,  Abu Dhabi e Dubai, un sistema sanitario di tipo europeo e un sistema d’istruzione basato su forti scambi internazionali. Tutti i figli dell’elite araba completano infatti gli studi nelle Università occidentali.
- Un discorso che fila benissimo. Ma cosa hai trovato di negativo in questa terra che sembra l’isola delle meraviglie?
-Ho notato che il Paese è pieno di contraddizioni. Deve ancora crescere e maturare il senso di giustizia sociale, non si può parlare di conquista giuridica o di legge che  vale ugualmente per tutti.



 Quello che prevale è il codice d’ispirazione coranica che permette all’emiro di scegliere il modo di vivere secondo la sua volontà. Anche se gli abitanti godono di un congruo  compenso per diritto di nascita, le differenze fra le varie fasce della popolazione risultano molto alte e distanti fra loro.
-Parliamo un po' delle città. Come si presentano?
-Ho visto quartieri cittadini quasi simili a quelli delle nostre città siciliane, ad eccezione dei centri delle due grandi metropoli, supermoderne, con i grattacieli più alti del mondo. A Dubai si può ammirare la metropolitana più moderna dei nostri tempi, completamente automatizzata. Il più grande investimento visibile al visitatore è però l’immenso utilizzo delle tecnologie digitali. Faccio un esempio: con una app nel telefonino a Dubai si può chiamare un taxi, prenotare una visita medica, misurare la pressione e inviare i dati al dottore di turno.
- Cosa pensano di fare gli emiri  quando sarà finita la pacchia del petrolio?
-Attualmente gli Emirati si stanno candidando per divenire una grande meta turistica sfruttando il clima che permette loro una lunga estate di nove mesi l’anno. Pensano anche di poter divenire un grande polo commerciale internazionale.
-Quando scadrà il tuo contratto di lavoro cosa pensi di fare?
-Il mio contratto è legato alla costruzione degli impianti che attualmente sto seguendo, poi valuterò nuove occasioni e proposte nell’ambito europeo.
-Grazie delle tue preziose informazioni e auguri per il tuo futuro. Sempre più in alto!
Maria Grazia Vitale