Un
Mazarese negli Emirati Arabi
Tante volte mi sono
chiesta: dove e come vivono, che lavoro svolgono quei giovani super laureati,
intelligenti, capaci di forte impegno e motivati che tornano nella loro città in occasione
delle feste di Natale per poi sparire nell’indifferenza generale?
Ho voluto incontrare
uno di loro e mi sono resa conto che veramente Mazara potrebbe avere una svolta
positiva e moderna se si desse la
possibilità ai giovani dalla mentalità
aperta, più della nostra certamente, di prendere in mano le sorti del nostro
Paese.
Antonino Caronia, 45
anni, è un ingegnere nucleare che ha al suo attivo diverse esperienze di lavoro
in Paesi europei ed extra europei. Dopo la laurea e il dottorato a Palermo, ha
lavorato per sei anni nel campo della ricerca e per altri dieci si è dedicato
alla progettazione di impianti energetici. E’stato anche dipendente dell’ENEL
nel settore ingegneria e costruzioni. Oggi ha l’incarico di direttore e
coordinatore della progettazione dell’impianto “Barakah” negli Emirati Arabi. Tale
impianto, di nuova generazione, comprende quattro impianti nucleari e un
impianto fotovoltaico.
-Antonino, perché sei
andato a lavorare proprio negli Emirati Arabi?
-Non sono stato io a fare
questo tipo di scelta. Semplicemente, mi si è presentata un’ occasione che ho
scelto con piena consapevolezza. Nel corso degli anni successivi alla laurea,
ho sempre svolto dei lavori riguardanti la progettazione di grossi impianti.
L’esperienza acquisita e le conoscenze anche in campo internazionale mi hanno
permesso d’incontrare le grandi firme europee che si occupano di progettazione
di grandi strutture.
- Non potevi rimanere
in Italia o svolgere lo stesso lavoro qui nella nostra Sicilia abbandonata a se
stessa?
-Il problema è che qui
da noi non si trova il tipo di lavoro che ho scelto di fare. Infatti non ci
sono programmazioni a lungo periodo.
- Vuoi dire che noi
non investiamo per il futuro?
- E’proprio così. In tutti i Paesi in cui ho
vissuto e lavorato (Slovacchia,Polonia, Francia, Emirati Arabi…)ho sempre
notato che le grandi strutture e i grandi cantieri vengono aperti perché il
Paese pensa a come soddisferà i suoi bisogni nell’arco di almeno dieci anni o,
per lo meno, in un periodo abbastanza lungo.
- Come ti trovi ora in
questa realtà così lontana dalla nostra?
- Sto cercando di
adattarmi al posto in cui mi trovo. Vivo ad Abu Dhabi, una città molto moderna
e cosmopolita. Vi convivono e lavorano ben novanta diverse nazionalità. Faccio
parte delle trentacinque mila persone che abitano in un quartiere della città
creato appositamente per coloro che partecipano al progetto. Ben quindicimila
persone lavorano per rispondere alle
necessità di questa appendice cittadina.
- Non conosco bene la
storia di questi Emirati, puoi riassumerla in modo che si capisca?
-Certamente. Per
comprendere bene lo stato di ricchezza degli Emirati e la gestione di essa,
dobbiamo fare un passo indietro di circa cinquanta anni. Allora l’area era un
protettorato inglese (lo è stato per circa 200
anni) fino a quando, negli anni ’70, il governo inglese non concesse
l’indipendenza sotto la guida degli emiri. Sette di loro chiesero al governo
inglese di riconoscere lo stato unitario e crearono una Confederazione di
monarchie ereditarie, in ognuna delle quali l’emiro diveniva sovrano assoluto
del suo Stato. La Confederazione chiese al governo inglese di essere assistita
nella costruzione di un sistema sociale e giuridico utilizzando le risorse del
petrolio. In 50 anni, gli immensi introiti del petrolio permisero investimenti
massicci permettendo di creare dal nulla due metropoli ultramoderne, Abu Dhabi e Dubai, un sistema sanitario di
tipo europeo e un sistema d’istruzione basato su forti scambi internazionali.
Tutti i figli dell’elite araba completano infatti gli studi nelle Università
occidentali.
- Un discorso che fila
benissimo. Ma cosa hai trovato di negativo in questa terra che sembra l’isola
delle meraviglie?
-Ho notato che il
Paese è pieno di contraddizioni. Deve ancora crescere e maturare il senso di
giustizia sociale, non si può parlare di conquista giuridica o di legge che vale ugualmente per tutti.
Quello che prevale è il codice d’ispirazione
coranica che permette all’emiro di scegliere il modo di vivere secondo la sua
volontà. Anche se gli abitanti godono di un congruo compenso per diritto di nascita, le differenze
fra le varie fasce della popolazione risultano molto alte e distanti fra loro.
-Parliamo un po' delle
città. Come si presentano?
-Ho visto quartieri
cittadini quasi simili a quelli delle nostre città siciliane, ad eccezione dei
centri delle due grandi metropoli, supermoderne, con i grattacieli più alti del
mondo. A Dubai si può ammirare la metropolitana più moderna dei nostri tempi,
completamente automatizzata. Il più grande investimento visibile al visitatore
è però l’immenso utilizzo delle tecnologie digitali. Faccio un esempio: con una
app nel telefonino a Dubai si può chiamare un taxi, prenotare una visita
medica, misurare la pressione e inviare i dati al dottore di turno.
- Cosa pensano di fare
gli emiri quando sarà finita la pacchia
del petrolio?
-Attualmente gli
Emirati si stanno candidando per divenire una grande meta turistica sfruttando
il clima che permette loro una lunga estate di nove mesi l’anno. Pensano anche
di poter divenire un grande polo commerciale internazionale.
-Quando scadrà il tuo
contratto di lavoro cosa pensi di fare?
-Il mio contratto è
legato alla costruzione degli impianti che attualmente sto seguendo, poi
valuterò nuove occasioni e proposte nell’ambito europeo.
-Grazie delle tue
preziose informazioni e auguri per il tuo futuro. Sempre più in alto!
Maria Grazia Vitale