giovedì 22 settembre 2011

DON VITINO, L'AMERICANO

DON VITINO L’ AMERICANO
I parenti all’aeroporto li salutarono calorosamente. L’ottantenne Vitino, che in vita sua mai era salito su un aereo, sentiva l’emozione salirgli in gola. Avrebbe fatto questo sacrificio, forse l’ultimo della sua lunga vita, ma finalmente si sarebbe tolto il pensiero dalla testa . Era da qualche anno che aveva cominciato a ricordare intensamente la sua terra, il paese dove aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza. Mazara,la sua città lontana, gli frullava continuamente nella mente , con le sue straduzze, il mare, le barchette dei pescatori ,la povertà dignitosa dei suoi abitanti. Per tanti anni l’aveva rimossa dalla sua vita, cancellata, eliminata, e poi improvvisamente gli era venuto in mente il suo lontano passato in Sicilia. Forse perché era arrivata la sua ora, pensava, forse questo era l’ultimo desiderio di chi avverte che sta per lasciare questo mondo.
Don Vitino aveva lavorato tanto in America. Aveva lavorato e costruito. Era diventato americano a tutti gli effetti e per tanto tempo aveva scordato le sue origini italiane. E perché proprio ora gli era venuto il desiderio di tornare? Voglio un regalo, aveva detto ai figli e ai nipoti, il mio compleanno lo voglio passare in Sicilia.
Bizzarrie di vecchi, dissero fra loro i figli, ma non se la sentirono di troncare al vecchio padre il suo sogno. Decisero che l’avrebbe accompagnato il giovane Vito, il nipote che portava il suo nome e che un po’ d’italiano riusciva a parlare. Don Vitino e Vito, nonno e nipote, partivano insieme per riscoprire Mazara.
Don Vitino si sedette sull’aereo e guardò i bambini,i giovani, gli uomini e le donne che avrebbero viaggiato con lui. Più di sessanta anni erano passati da quando aveva fatto il viaggio d’andata in piroscafo e mai era tornato da allora! Andando verso l’America era rimasto giorni e giorni seduto su una panchina della nave a guardare il mare. Si sentiva uno sconfitto, un giovane che aveva dovuto migrare per uno stato di bisogno, ma ora sarebbe tornato in Sicilia da vincitore !



Si aggiustò la giacca, toccò il portafogli pieno di dollari che avrebbe regalato ai picciriddi e si mise a guardare il cielo dal finestrino dell’aereo. Era azzurro, sereno, forse anche a Mazara c’era lo stesso cielo. Vito sorrise al vecchio nonno. Aveva un sorriso simpatico il nipote, era un ragazzo bello e intelligente, aveva studiato, si era laureato e adesso lavorava presso una grande azienda. I miei poveri parenti siciliani, pensava don Vitino, chissà che fanno!
Li aveva lasciati poveri, il pane davanti e loro dietro a rincorrerlo! quanti pacchi mandò dall’America ai parenti dopo la guerra ! Vestiti, scarpe, scatole di frutta sciroppata, cioccolatini, tutte le cose che poteva raccogliere in giro! E loro scrivevano contenti e ringraziavano di tutto quel ben di Dio.
Il giovane Vito faceva parlare il vecchio nonno e quasi quasi si sentiva in colpa di stare così bene e di avere un lavoro ben retribuito! Vedrai, nonno, ora le cose saranno cambiate! Anche in Sicilia si starà meglio! Don Vitino non ne era proprio sicuro.
Aveva smesso da tempo di avere notizie dei suoi parenti siciliani. C’era stato un malinteso, una volta, per un pacco per cui avevano litigato e lui aveva deciso di smettere con gli aiuti.
Anni e anni trascorsi senza sapere notizie, buio completo. Un giorno però aveva saputo della morte del suo unico fratello e poi di una delle sorelle. Non era però riuscito a provare del vero dolore, dato che non li aveva più pensati. I nipoti ed i pronipoti poi li sconosceva completamente. Chissà se facevano ancora i pescatori! Li immaginava senza scarpe, vicino alle barche, attivi nel riparare le reti da pesca e, poverini, sempre sul mare.
Il viaggio in aereo fu accompagnato da mille pensieri. Tutto sommato, era stato accettabile. Quando nonno e nipote giunsero in Sicilia , all’aeroporto di Birgi, Vito lo aiutò a prendere il bagaglio ed a scendere dall’aereo. Erano a due passi da casa.
Sarebbero cominciate da questo momento le piccole soddisfazioni di chi non ha problemi economici. Avrebbero preso un taxi, sarebbero andati in un albergo, che il nipote aveva prenotato dall’America, e poi avrebbero iniziato il cammino legato ai ricordi di don Vitino.
Ma già, entrando a Mazara per quella via che tante volte aveva fatto da bambino quando andava al mulino a macinare il grano, don Vitino cominciò a rigirarsi nel sedile della macchina come se fosse stato punto da vespe. Ma questa è Mazara? Nun la canusciu. Si girò a guardare tanto che il collo cominciò a fargli male, cercava l’aggancio con i ricordi che aveva nella mente, ma non ci fu niente da fare. Si calmò soltanto quando, dopo aver attraversato la città, che continuava a non riconoscere, finalmente arrivarono sul lungomare.
<< Sì, sì, il mare, il mare!>> si mise a gridare e con queste parole intendeva rievocare i giorni trascorsi con i compagni di un tempo a fare tuffi e giocare allegramente sotto un sole che bruciava ogni cosa.
L’albergo era bellissimo. Nuovo e arredato secondo gli ultimi dettami della moda; parlavano benissimo in inglese gli impiegati che gentilmente trascrissero i loro dati e li accompagnarono nelle stanze. Vito si fece dare un elenco telefonico e cercò subito di rintracciare i parenti.
La prima telefonata fu per uno zio, figlio di una sorella del nonno. << Hallò, hallò - disse Vito-io sono parente americano !>> Fu difficile spiegare chi era e perché si trovava lì con il vecchio nonno, ma infine dopo vari giri di parole, riuscirono a mettersi d’accordo. Don Vitino riuscì a vedere la sorella , dopo sessantacinque anni , ma non provò alcuna soddisfazione perchè la poveretta aveva l’Altzeimer e non lo riconobbe. Il nipote di don Vitino aveva una bellissima villa nella zona di Tonnarella, faceva l’imprenditore edile e non gli mancavano certo i soldi. Quando a don Vitino fu presentata una pronipote , gli uscirono gli occhi fuori dalle orbite. Truccatissima e vestita all’ultima moda, sembrava pronta per partecipare ad una sfilata.



E li picciriddi? Quelli a cui doveva regalare i dollari? C’erano in giro dei bambini, tutti belli ,rosei e ben vestiti, tanto che a don Vitino sembrò brutto regalare i suoi soldini.
Non è che gli dispiaceva che i parenti siciliani stessero bene, era che li aveva pensati in un altro modo! Sugnu cuntenti, sugnu cuntenti, ripeteva a tutti, qui state meglio dell’America! I suoi parenti erano diventati avvocati e dottori e c’era persino qualcuno che aveva fatto carriera nel mondo della politica ed era diventato famoso e rispettabile.
Gli fecero visitare la città. Le strade del centro dove aveva abitato erano abbandonate e prive di quella vita che era rimasta attaccata ai suoi ricordi come l’edera si attacca al muro. Le chiese, i palazzi, gli edifici importanti della città riuscirono a trasmettergli qualcosa , ma non tanto da suscitare in lui l’emozione che aveva per tanto tempo immaginato. Quello che più lo colpirono furono però le persone. Sembravano tutte smaniose di divertirsi e passare da un ristorante, da una pizzeria ad un’altra. Il sabato sera la città diveniva un teatro. Ragazzi, uomini, donne in giro per le strade in cerca di passatempi e divertimenti. Non si cercavano più gli incontri tra parenti per scambiare le classiche quattro chiacchiere, ora era un brulicare di inviti a cene e feste con musica e Karaoke.
Don Vitino partì da Mazara contento di tornare nella sua America perché la città dove era nato non era più tanto sua!

1 commento:

CO.CI.T.R.I.A.TE.MA.1998 ha detto...

Mariagrazia!! Trasmetti emozioni!!
Silvana